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Poeta di lungo corso e minime apparizioni pubbliche (piccole plaquettes, raffinati libri d'arte ormai introvabili), nomade e schivo, caro a Roberto Roversi e Giampiero Neri, Franco Facchini giunge qui al suo primo libro di ampio respiro: non un'antologia ma una pista scavata attraverso il suo vastissimo deposito di inediti, che ruotano tutti attorno al rapporto tra vista e pensiero, percezione e dubbio, in una ricerca quasi mistica di verità sempre vicina e sfuggente, intuita e negata. Poesia difficile da definire, originata da vorticose e onnivore letture, ora letterarie ora filosofiche, e da un atteggiamento meditativo e contemplativo, poesia solitaria e senza modelli riconoscibili, "La parvenza del vero" propone sin dal titolo un bilico e una scommessa. "Parvenza": che vorrà dire insieme maschera, inganno, sembianza; ma anche, come nel sonetto dantesco, piena manifestazione di sé; "del vero", sintagma che subito richiama l'amato Leopardi, ma con un'aggiunta di luce, se non proprio di speranza. Il vero, questo vero che si cela dietro l'apparire e che da lì irradia sembra promettere, non solo minacciare: un'adesione forse possibile, una pienezza inusuale accanto alla coscienza del vuoto e del gorgo. Un'alleanza quasi impossibile, tra parola e cosa, nel miracolo della sua apparenza. Nessun orfismo o deriva irrazionale; solo la lucidità dello sguardo, il nitore dell'espressione, il rifiuto di ogni facile certezza. E lo snodo della comprensione come unica bussola, per il viaggio dove non c'è niente.